Una basilica antichissima. Una prima menzione di essa ci è offerta da Paolo Diacono (1. V, c. 3) quando egli narra che Unulfo, servo fedele e salvatore della vita del suo padrone il re Bertarido, si rifugiò, per salvarsi dall'ira di re Grimoaldo « in beati Michaelis Archangeli basilicam »; ed era l'anno 642. Ancora Paolo Diacono ci ricorda (1. VI, c. 5) un analogo episodio avvenuto l'anno 737, quando un certo Herfemar, aderente al partito del duca Pennone, per sottrarsi alla cattura, « evaginato gladio, multis se insequentibus, ipse viriliter se defensans in basilica (sic) beati Michaelis confugit... » e si salvò così dall'ira di re Liutprando. Trentasette anni dopo - 774 - ecco il re Desiderio che durante l'assedio, fatale per lui, tutte le notti si recava, secondo che narra il Chronicon Novaliciense del sec. XI, a pregare nella chiesa di San Michele.
Considerata come « templum regium » per la sua stretta dipendenza dal Palatium regale eretto, sin dal secolo VI, dal re Teodorico, quella basilica vide, in epoca carolingia, l'anno 839, il solenne battesimo di Rotrude, figlia dell'imperatore Lotario I e di Ermengarda. Ma la basilica vide pure, nello svolgersi di secoli, i riti solenni e risonò dei canti delle incoronazioni di re italici: Berengario I (a. 888), Lodovico III (a. 900), Ugo (a. 926), Berengario II col figlio Adalberto (a. 950), Arduino d'Ivrea (a. 1002), Enrico il Santo (a. 1004) e, molto più tardi l'anno 1155 « in dominica Iubilate » Federico I, il Barbarossa, « cum multo civium tripudio », notate bene. A riguardo di queste incoronazioni il prezioso scrittarello delle Honorantie Civitatis Papie, dei primi anni del sec. XI, annota: « ... Roma nominat papiam et appellat filiam suam et sicut Roma coronat imperatorem in ecclesia sancti Petri cum suo papa, ita papia cum episcopo suo nominat regem in ecclesia Sancti Michaelis maioris ubi est lapis unus rotundus cum quatuor aliis lapidibus rotundis... ».
A dir vero, noi non sappiamo dove, nella basilica, fossero collocati quei cinque dischi di marmo: se cioè nel pavimento del presbiterio « ad absidam », come è verosimile, o se nella navata centrale. Oggi li vediamo in quest'ultima, collocati al tempo dei restauri di cento anni fa, con la bella epigrafe di Tommaso Vallauri.
BASILICA DI CORONAZIONI REGALI