Veniamo ora ai capitelli, la cui visione è delle più interessanti. Però, nell'impossibilità di osservarli tutti ci limiteremo ad alcuni capitelli figurativi di episodi biblici i quali, armonizzando col carattere sacro della basilica, possono concepirsi come legati insieme dal concetto del sacrificio, della tentazione, della fortezza e della morte serena. Procedendo dall'ingresso, nella navata maggiore, notiamo, a destra, sul secondo pilastro minore, il Sacrificio di Abele e di Caino: Abele, pastore di greggi, offre un capretto; Caino, agricoltore, qualche cosa come un mazzo, forse spighe o frutti. Dall'alto sporge una mano verso Abele, lieto, a ricevere il sacrificio di lui, trascurando quello di Caino triste che a Dio non è accetto. Si noti il grande abaco sovrastante, ricco di motivi decorativi. Sul medesimo pilastro, ma dalla parte opposta, ecco Adamo ed Eva. Tra l'uno e l'altra è l'albero, attorno al quale il serpente tentatore si avvoltola con le sue spire. Eva, pudica, porge ad Adamo il pomo fatale. Il forte rilievo sembra staccarsi dal fondo. Le molte sirene a doppia coda sparse dovunque, dentro e fuori, ribadiscono il concetto cristiano della tentazione. Sul pilastro seguente, maggiore, ultimo di destra, la Giustizia di Dio, donna nobilmente assisa, coronata, in ricca veste è in atto di giudicare, serena e inflessibile: e con la destra accoglie il Giusto povero che sorride, e con la sinistra respinge l'Ingiusto, ricco, che porta la mano alla fronte, in atto di dolore.
Ritornando ora sui nostri passi, e iniziando da sinistra, ecco sul secondo pilastro minore un capitello che reca una figura, ben conservata, di donna in piedi, che sembra inserita e solitaria tra motivi decorativi che con essa non hanno relazione alcuna. La donna è in tunica lunga sino ai piedi; e il pudore che spira da tutta la persona e la presenza dei due alberi, che lo scultore ha riprodotti simili, ma non uguali (uno è concavo e l’altro convesso), mi fanno ritenere che, anche qui, ella sia la casta Susanna, che qui sorride e trionfa per la giusta sentenza ottenuta in modo insperato. Sul medesimo pilastro, ma dalla parte opposta, è Sansone, che subito si riconosce per le lunghe famose chiome al vento, dalle quali attingeva la sua forza tremenda.
Ed ora, volgendoci al vicino pilastro, ultimo, maggiore, ecco subito lì, al medesimo livello di Sansone, il più curioso dei capitelli, il più noto di tutti: la Morte del Giusto. Questi giace, ormai cadavere e con le braccia incrociate in segno della tranquillità e della pace che si scorgono anche nel viso, sul lettuccio a due colonnine lavorate, visibili; la coperta, a belle pieghe, scende fin quasi a terra, come vedremo tra poco, in un prezioso affresco. L'anima ormai uscita dal corpo, è in figura di fanciullino che con un braccio si aggrappa, come a rifugio, al collo dell'arcangelo San Michele, alato, il quale è comparso improvvisamente a trafiggere, con l'asta, proprio nella bocca, il diavoletto pure alato, ma tricornuto, caudato e dagli artigli di uccellaccio; il quale diavoletto aveva già afferrato il fanciullino per una gamba, rivendicandoselo come ghiotta preda. Ma invano: Michele riuscirà vittorioso dalla lotta e, in funzione di « psicopompo » o accompagnatore di anime, recherà l'anima del Giusto in Paradiso.
A compiere la serie dei capitelli biblici, portiamoci, per un momento, sotto il tiburio, ed osserviamo, sul grande pilastro frontale di destra, del così detto arco trionfale, il capitello, lassù, del Sacrificio di Abramo. Ma la scena è ristretta e povera di elementi: tuttavia è ravvisabile la mano che, a sinistra, sporge dall'alto ad arrestare il gesto di Abramo che, generoso e obbediente a Dio, si è precipitato sul figlio Isacco, a colpirlo.